E dopo quel pugno non ho capito più niente: la testimonianza dell’assistente sociale aggredita a Lanciano
“E dopo quel pugno non ho capito più niente”

Lanciano (Chieti): la testimonianza dell’assistente sociale aggredita da un padre violento, durante un incontro protetto con le figlie minori allontanate dalla famiglia.
“Chiedevo aiuto e cercavo di indietreggiare ma mi ha buttata in un angolo e mi ha presa a calci: per me è finita, pensavo, ma in quel momento mi sono anche detta che non poteva essere lui a decidere che la mia vita dovesse finire quel giorno”. A parlare è l’assistente sociale aggredita da un padre violento durante l’incontro protetto con le figlie minori, a Lanciano (Chieti): Teresa Cappiello ha voluto raccontare la sua esperienza davanti alla stampa, ad assessori comunali alle politiche sociali e ai sindaci intervenuti all’incontro promosso dall’assessore regionale Marinella Sclocco, con l’assessore comunale Dora Bendotti.
“Le persone che lavorano per lo Stato devono avere garanzie”, ha chiesto Cappiello, che in faccia porta ancora i segni della violenta aggressione e un occhio pestato. “Perché – prosegue l’operatrice – è tutta l’organizzazione che lavora”, non l’assistente sociale “spesso lasciata da sola”.La riflessione partita da Lanciano vuole esprimere solidarietà a chi lavora nel sociale, per il 95 per cento donne, “ ma non per questo siamo destinate ad essere malmenate” prosegue l’assistente aggredita.
Un lavoro in trincea, come racconta l’indagine realizzata in Italia dall’Ordine degli assistenti sociali, che conta 42 mila iscritti: l’88 per cento viene aggredito verbalmente, l’11 per cento ha subito danni a beni privati, il 35,8 per cento teme per la propria incolumità e quella dei famigliari, 1000 assistenti sociali (sui 20 mila intervistati) hanno fatto ricorso a cure mediche importanti, il 49 per cento lamenta mancanza di iniziative concrete dopo fatti di violenza sul lavoro. Il coro è unanime: non può continuare così.