“Quelli che venivano indicati come segnali, per quanto qualificati, di una presenza delle cosche in Abruzzo e in Molise, grazie alle evidenze investigative raccolte con l’operazione ‘Isola Felice’, sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno ‘appetibili'”.
È quanto si legge nella relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) al Parlamento relativa all’attività del secondo semestre 2016.
Nell’inchiesta ‘Isola felice’, condotta dai carabinieri con l’esecuzione di 25 misure cautelari, si è fatta “piena luce sull’operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) in Abruzzo e in Molise”. Qui l’articolo del Tgmax del 2 settembre 2016, in cui il sostituto procuratore Antimafia dell’Aquila, Antonietta Picardi, spiegava che il clan Ferrazzo della ‘ndrangheta voleva rinascere in Abruzzo, arrivando in una ‘isola felice’ per ricostruire le proprie abitudini criminali usando lo spaccio di droga per finanziare altre attività lecite e illecite.
“Il capo ‘ndrina – si legge ancora nella relazione – non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni (Campobasso), ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani (famiglia Marchese di Messina) che operava tra San Salvo (Chieti), Campomarino e Termoli (Campobasso)”.