La notizia
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Una vittoria non è per sempre, ma bisogna difenderla sempre. Il nuovo parlamento potrebbe decidere di modificare la legge attuale che regola il prelievo di gas a mare, norma già cambiata più volte nel recente passato. Tra una modifica e l’altra, il popolo di No Ombrina vinse una battaglia epocale, costringendo il legislatore all’ultima stesura. Ma nulla dura in eterno.
E nel frattempo, la società inglese Rockhopper Exploration ha vinto l’arbitrato internazionale contro l’Italia, per 190 milioni di euro di risarcimento danni.
La Res publica non è riuscita a difendere una conquista popolare, il NO deciso e compatto alla piattaforma che sarebbe dovuta sorgere al largo della Costa dei Trabocchi, celebrata regina del turismo abruzzese con la Via Verde che ha preso finalmente forma.
Quanta amarezza per chi si è battuto contro l’inquinamento. Al Tgmax le dichiarazioni di Alessandro Lanci, Nuovo Senso Civico.
“L’italia si è trovata alla sbarra di un tribunale piuttosto informale, gestito da tre avvocati commerciali, senza pubblico né possibilità di ricorrere in appello. Una multinazionale fa ricorso contro le politiche di uno stato, utilizzando corti private sovranazionali più potenti di qualunque tribunale nazionale. Un sistema giudiziario parallelo, quello dell’arbitrato internazionale, reso possibile da oscure clausole inserite negli accordi sugli investimenti che centinaia di paesi del mondo hanno siglato a profusione negli ultimi vent’anni. L’ avvocatura dello stato ha dovuto provare a giustificare le scelte del governo di fronte alle accuse di un’azienda estera, convinta di meritare risarcimenti multimilionari per l’impatto delle politiche pubbliche sul suo business. È una storia oggi tristemente confermata anche in Italia. Questo sistema costringe – non di rado – i governi a rivedere le proprie decisioni politiche, preoccupati di dover pagare penali troppo alte agli investitori scontenti. Creare una corsia preferenziale capace di elevare il privato al di sopra del potere pubblico è piuttosto rischioso, come oggi constatiamo. Specialmente quando questa corsia preferenziale è un tribunale per gli investimenti dove gli stati sono sempre imputati e le udienze si tengono a porte chiuse con un unico codice di riferimento: quello del diritto commerciale internazionale. Con queste prerogative, sarà impossibile far valere l’interesse pubblico di una decisione politica, la sua “necessità” per fronteggiare i cambiamenti climatici o le crisi economiche. Ai tre “arbitri” la questione climatica non interessa affatto e neppure le legittime aspettative di intere popolazioni. Il profitto al di sopra di tutto”.