In Italia 400 tv locali a rischio chiusura
Emittenza radiotelevisiva locale in piazza, domani a Roma, davanti al ministero dello Sviluppo Economico: la protesta inizierà alle ore 10, contro la nuova normativa sull’assegnazione dei contributi.
Lo annuncia Radiotelevisioni Europee Associate (Rea), di cui è presidente Antonio Diomede, che, in una nota, parla di 1.200 emittenti a rischio chiusura. “Quattrocento televisioni locali e 800 radio rischiano di chiudere nelle prossime settimane; 2.520 dipendenti rischiano di andare a casa; nove Regioni su 20 rischiano di restare senza una sola televisione locale. La libertà di stampa rischia di essere compromessa drasticamente grazie alla legge Ammazza emittenti, diventata operante con il DPR 146/17 del 12 Ottobre del 2017”.
Alla manifestazione di domani partecipano anche le emittenti abruzzesi, penalizzate dal nuovo regolamento (tranne una).
“In gioco ci sono 300 milioni di euro per tre anni per il sostegno all’editoria radiotelevisiva. Attraverso una serie di obblighi insostenibili per le piccole e medie radio e tv – prosegue la Rea – la platea dei possibili beneficiari dei contributi più sostanziosi è ridotta alle prime 100 emittenti televisive lasciando a bocca asciutta le rimanenti 400 emittenti, le quali saranno costrette a licenziare per non fallire”.
Le emittenti puntano il dito anche contro i nuovi criteri, ritenendoli molto discutibili, in quanto hanno favorito sfacciatamente alcune poche emittenti a scapito delle altre, penalizzando tutte le Regioni meno popolose, come l’Abruzzo.
Gli indici di ascolto, fatti da Auditel (società privata partecipata da Mediaset di Berlusconi, RAI e Cairo) sono stati rilevati su scala nazionale e non regionale.: ecco perché è stato possibile assegnare al gruppo Telenorba, prima in graduatoria, 6,5 milioni di euro per ciascuno degli anni, 2016- 17 -18, mentre all’ultima, Tele A57, solo 4.825 euro.
Per la REA, se non ci sarà un veloce ripensamento del Governo, non resterà altro da fare che intraprendere l’iter giudiziario per arrivare alla Corte Costituzionale e successivamente alla Corte europea di Strasburgo. Ci sono, infatti, diversi aspetti del Regolamento sui contributi inseriti nel decreto mille proroghe in palese violazione delle norme europee.
Insomma da Berlusconi a Renzi e Gentiloni e ora anche Di Maio: cambia il colore politico, ma tutti i governi hanno preso provvedimenti contro le Tv locali. L’informazione plurale è ingovernabile.