“Ho cercato di salvare una vita, mi si sta facendo un processo che non doveva neanche iniziare”.
A sorpresa, dopo la sfilata di 8 testi, Aldo Rodolfo Di Nunzio, 72 anni, ha professato la sua innocenza al termine della quinta udienza del processo in cui è imputato per l’omicidio della moglie, Annamaria D’Eliseo, 60, collaboratrice scolastica.
“Io non dovrei essere qui – ha detto l’uomo – io ho cercato di salvare mia moglie”.
Ed è infatti questa la tesi della difesa. La donna si sarebbe suicidata, impiccandosi nel garage.
Ma l’accusa sostiene che l’uomo, ex ispettore dei vigili del fuoco, abbia inscenato il suicidio, per nascondere il delitto.
Nel corso dell’udienza in Corte d’Assise, i testi hanno raccontato ciò che hanno visto o che ricordano di aver visto, quel 15 luglio del 2022, subito dopo il fatto.
Dai vicini di casa ai generi dell’imputato e al personale del 118, ognuno ha testimoniato in aula ribadendo quanto dichiarato a verbale, agli inquirenti, due giorni dopo l’accaduto.
La Corte d’ Assise ha dovuto acquisire quattro testimonianze rese ai carabinieri alle sommarie informazioni testimoniali (Sit) due giorni dopo l’accaduto. Diverse sono state le imprecisioni contestate ai testi, da accusa e difesa, e i “non ricordo”, comprensibili dopo oltre due anni trascorsi dall’episodio.
Ma nessuno tra quelli entrati nel garage, dove giaceva la D’Eliseo ormai priva di vita, ha notato un gancio appeso al soffitto. C’erano soltanto una scala metallica, a forbice, accanto alla donna, e dei fili elettrici.
Il Dna sui fili elettrici
Il primo a prestare giuramento, davanti al collegio giudicante, presidente Giovanni Nappi, è stato il maresciallo capo Giovanni Sepi, del Ris di Roma, che ha analizzato i fili elettrici di colore “gialloverde, quelli della messa a terra” trovati accanto al cadavere.
Sono sette i reperti analizzati, ogni busta contenente anche più di un frammento di filo elettrico.
I fili erano due, ha detto il maresciallo del Ris, ognuno lungo esattamente 28 centimetri.
Ci sono tracce di Dna sia della D’Eliseo che dell’imputato, insieme in diversi reperti o solo quelle dell’imputato in uno solo dei frammenti dei due cavi elettrici, piegati a forma di U, ha spiegato l’analista.
Il violento episodio del 2 ottobre 2021
In aula, i generi che hanno abitato con le rispettive famiglie per alcuni anni nella grande casa a più piani dell’imputato e della moglie, hanno rivangato l’episodio di violenza avvenuto il 2 ottobre 2021.
Una forte lite era scaturita tra i due coniugi, D’Eliseo e Di Nunzio, tanto da far preoccupare le figlie e i generi.
“Litigi e tensioni c’erano sempre”, hanno raccontato. In particolare il secondo genero, che viveva al piano terra, ha riferito di essere intervenuto dopo aver visto la moglie presa per i capelli dal padre, che la colpiva con calci e pugni. “Ho ripreso alcune scene con il telefonino”, ha detto in aula, video che la Corte ha acquisito.
Il suocero aveva dato una bastonata in testa alla D’Eliseo, che perdeva sangue. “Ma non è voluta al Pronto soccorso, l’abbiamo dovuta medicare in casa”, ha spiegato uno dei generi, che è infermiere.
Gli avvocati della difesa e di parte civile
“Continuo a rilevare – spiega il difensore Alberto Paone – che non ci sono elementi di prova che attestino la colpevolezza di Di Nunzio; sono state sentite persone che sono subito intervenute sul posto però non mi sembra siano emerse evidenze che possono provare le sue responsabilità, resta un processo indiziario”.
Secondo l’altro legale di difesa Nicola De Fuoco, “le prossime udienze saranno più importanti perché saranno sentiti i periti medico legali e quelli fonici da cui potrebbero emergere elementi nuovi. Bisogna ancora attendere gli sviluppi processuali che coincideranno con la verità”.
Per la parte civile dei cinque figli, l’avvocato Elisabetta Merlino, “sono state confermate le circostanze che già si conoscevano. Aspettiamo la nuova udienza per avere risvolti importantissimi”.
Prossima udienza il 13 dicembre. Di Nunzio sarà ascoltato in una prossima udienza, verosimilmente a gennaio 2025.