La notizia
A ventiquattro ore dalla sentenza del processo per la valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano, di Farindola (Chieti), non si fermano le polemiche esplose subito dopo la lettura del verdetto: ci sono i superstiti e i parenti delle 29 vittime, che parlano di una sentenza “ingiusta e irrispettosa”, con solo 5 condannati su 30 imputati; ci sono gli avvocati e gli organismi di settore, a partire dall’Anm, che condannano invece la “indecente aggressione al giudice”; ci sono le parti civili, secondo cui il processo “è iniziato male” e i pm “hanno escluso dal perimetro delle responsabilità i vertici della Protezione Civile Regionale”.
E c’è il procuratore capo Giuseppe Bellelli che respinge duramente le accuse le accuse: “fake news”.
A rinfocolare le polemiche sono stati proprio i legali delle parti civili. Il “processo è iniziato male sin dalle prime fasi di indagine, funestato da contrasti all’interno degli stessi organi di polizia giudiziaria che indagavano” dice l’avvocato Patrizia D’Agostino, difensore di Rossella Del Rosso, sorella di Roberto, il proprietario dell’hotel morto sotto le macerie. Il legale aggiunge poi che la Procura, “sin dalle prime fase di indagini, ha ritenuto di escludere dal perimetro delle responsabilità i vertici della Protezione Civile Regionale”. Un’assenza che, a suo dire, ha “comportato la condanna solo per alcune responsabilità marginali”.
A queste affermazioni replica, in una lunga nota, il procuratore capo, Giuseppe Bellelli. “Va smentita con forza l’affermazione che vi sarebbero altri responsabili, tenuti fuori dal processo dalla Procura: si tratta di tentativi irresponsabili di sviare l’attenzione e le aspettative dai reali temi del processo, e dai fatti, mediante la diffusione di fake news. Gli atti processuali documentano come le indagini sono state svolte in ogni direzione”. E fa discutere anche il caos scoppiato in aula subito dopo la lettura del dispositivo: quando la tensione era alle stelle, il gup Gianluca Sarandrea ha ricevuto insulti e minacce. Per il procuratore “la sentenza merita rispetto, cosi come rispetto è dovuto al giudice e alla funzione dallo stesso esercitata, fermo restando il diritto di critica. Le aggressioni verbali in aula non possono essere tollerate”.
Anche l’Anm Abruzzo esprime piena solidarietà al giudice e “respinge fermamente ogni forma di attacco espresso senza che siano conosciute le motivazioni della sentenza”. Sulla stessa linea la Camera Penale di Pescara mentre il presidente dell’Unione delle Camere Penali Giandomenico Caiazza, legale dell’ex prefetto Francesco Provolo (assolto), scrive a Salvini, che ieri aveva definito la sentenza “una vergogna”, dicendosi convinto che se c’è una vergogna da denunciare è stata scelta “quella sbagliata”, riferendosi proprio alla mancata difesa del giudice.
Alle polemiche e al confronto acceso fa da cornice il dolore dei familiari. Il Comitato vittime di Rigopiano parla di “sentenza ingiusta e irrispettosa. Con poche parole e tanta freddezza – afferma – è stata scritta una delle più brutte pagine di storia giudiziaria italiana”. Per Marco Foresta, che in quella tragedia ha perso i genitori, “ieri l’Italia ha toccato il fondo. Mi devono almeno rispondere su come sia possibile che lì sono morte 29 persone e di cosa sono morte. Sentire ‘il fatto non sussiste’ è stato straziante”.