Arrestato
E’ ai domiciliari con il braccialetto elettronico Claudio Di Nunzio, quarantenne residente a Lanciano (Chieti), che il 28 febbraio scorso appiccò un vasto incendio alla casa in cui viveva l’ex moglie, a Santa Maria Imbaro.
Quel giorno la donna, 36enne, non c’era: si trovava in ospedale, dove aveva appena partorito il primogenito avuto dal nuovo compagno. Sarebbe stata proprio questa la molla che ha spinto l’indagato al gesto sconsiderato.
I carabinieri della Compagnia di Ortona e della stazione di Fossacesia hanno svolto le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano.
Il fatto
Agli inquirenti sono bastati 10 giorni per ricostruire la dinamica. L’uomo, già noto alle forze dell’ordine, aveva appena terminato di scontare la misura cautelare dell’allontanamento di due anni dalla casa famigliare, quando ha riversato tutta la rabbia accumulata sull’ex nido d’amore, addobbato a festa per la nascita del piccolo.
Secondo la ricostruzione dei militari, agli ordini del capitano Luigi Grella, Di Nunzio si sarebbe introdotto nell’abitazione rompendo i vetri di una finestra, poi avrebbe cosparso del liquido infiammabile nella camera da letto, in cucina e nelle altre stanze e quindi acceso il fuoco.
Non pago, ha poi spaccato con una spranga di ferro finestrini e parabrezza della WV Golf della ex moglie, parcheggiata sotto casa. E, infine, ha distrutto gli addobbi per il neonato, mandando in frantumi la cicogna in plastica appesa al cancello e staccando la coccarda con la targhetta del nome del piccolo dal fiocco azzurro, appeso al portone d’ingresso: una sorta di trofeo dopo la distruzione, esposto sul parabrezza della propria auto, dove l’hanno in seguito ritrovata i carabinieri.
Il giorno dell’incendio, in località Fattore di Santa Maria Imbaro, l’uomo era stato fermato dai militari nei pressi della casa in fiamme, come il più classico dei ritorni sulla scena del delitto. Aveva mani e ginocchia insanguinate. Con i carabinieri si giustificò dicendo di essersi ferito durante la potatura degli ulivi. Non gli hanno creduto, e nei giorni seguenti gli indizi raccolti hanno convinto il gip ad emettere l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.