Sono sei le persone indagate dalla Procura di Pescara nell’ambito dell’inchiesta relativa alla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, in cui persero la vita 29 persone tra dipendenti e clienti del resort. Il 18 gennaio scorso una valanga travolse la struttura, distruggendola.
Gli indagati sono amministratori e funzionari pubblici: sul registro, con le accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, sono finiti il presidente della Provincia Antonio Di Marco, il dirigente delegato alle opere pubbliche Paolo D’Incecco, il responsabile della viabilità provinciale Mauro Di Blasio, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il geometra comunale Enrico Colangeli. Indagato anche il direttore del resort, Bruno Di Tommaso al quale l’accusa contesta la violazione dell’art. 437 del codice penale che punisce l’omissione del “collocamento di impianti, apparecchi, o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”. Nella tragedia dell’hotel Rigopiano i superstiti furono undici, tra loro tutti e 4 i bambini ospiti della struttura.
Tra gli indagati mancano i nomi del prefetto di Pescara e del governatore d’Abruzzo, lamenta il padre di una delle vittime, Alessio Feniello, genitore di Stefano. Feniello si definisce “imbufalito”, ma comunque in parte “soddisfatto” perché la sua “tesi nei confronti del sindaco, uno dei responsabili di quella tragedia – sottolinea – era corretta”.
Il nome di Stefano Feniello, 28enne originario di Valva nel Salernitano, che era in vacanza a Rigopiano per festeggiare il compleanno con la fidanzata Francesca Bronzi, scampata alla tragedia, due giorni dopo la valanga era stato inserito dalla Prefettura in un elenco di nomi di cinque superstiti in ambulanza verso l’ospedale. Ma si era trattato di un macabro errore: il corpo di Stefano, infatti, venne recuperato tra le ultime vittime estratte dai resti dell’hotel travolto dalla valanga.