Dietro al morso della taranta e del presunto ballo guaritore risuonano echi antichi di un’antropologia dell’intreccio, che trova forse il proprio antecedente mitico nel dramma esistenziale che legava Arianna a Teseo e Dioniso.
È questa la teoria di Marco Olivieri, autore de “La Gioconda miseria, fenomenologia del tarantismo”, edito da Carabba.
L’evento si è svolto nell’ambito del cartellone del mese della Cultura, sezione Librando.
L’aggirarsi fra le tombe, il dormire nei sepolcri, la spasmodica ricerca del mare, il grido rituale, il denudamento, l’apparizione a mezzogiorno della taranta che morde e rimorde sotto la canicola, sembrano infatti costituire tutti vettori simbolici che rinviano alla tragica messa in scena della noja, nel senso di un’agonia sentimentale in forma di lutto o di forzato distacco.
Secondo Olivieri, docente di Lingua Inglese all’Università D’Annunzio e ricercatore, “la taranta metaforizza la forza oscura della Terra sull’uomo”.
Esperta di danze popolari è Anna Anconitano, il suo intervento sulla “pizzica pizzica” salentina, ballo di festa.