La scoperta durante un controllo.
Dopo i droni che trasportavano microtelefoni cellulari per i detenuti, un altro ingresso non ammesso è stato scoperto in carcere, a Lanciano (Chieti).
E’ accaduto nel pomeriggio di mercoledì scorso: un pacco dono indirizzato ad un detenuto, e proveniente da un familiare, conteneva chili e chili di salsicce, che al loro interno però celavano tre tipi diversi di sostanza stupefacente.
Ad accorgersene sono stati gli agenti di turno, che alla vista di tutta quella carne si sono insospettiti e hanno cominciato a tagliare i pezzi di salsiccia.
In ognuno c’era un involucro di un grammo di droga ciascuno, tra hashish, cocaina ed eroina.
L’episodio è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Lanciano.
Il sospetto è che la droga fosse destinata allo spaccio interno all’istituto penitenziario. Il detenuto 40enne, destinatario del pacco, è stato trasferito da poco da un altro carcere per motivi di ordine e sicurezza legati alla droga.
Il commento del sindacato Sappe
“Nonostante la carenza di personale e la rotazione per le ferie estive, i controlli sono oculati e minuziosi. Il plauso agli agenti in servizio, che hanno scoperto il fatto nel pomeriggio, dopo 9 ore di lavoro quando il turno normale sarebbe di 6 ore”, commenta al Tgmax Piero Di Campli, segretario del Sappe.
L’attenzione nel penitenziario di Villa Stanazzo, dunque, resta alta. “Siamo pochi e siamo stanchi, ma purtroppo – prosegue Di Campli – nonostante i sit-in di protesta e le reiterate richiesta all’Amministrazione penitenziaria, il problema resta senza soluzione”.
Per il prossimo mese di settembre è in arrivo nuovo personale, annuncia Di Campli, “ma nulla in confronto alle reali necessità. Siamo sotto di circa 40 unità, arrivano 16 agenti ma nel mentre in dieci lasceranno l’istituto di pena di Lanciano per altre destinazioni. Ne rimarranno quindi solo sei effettivi, che non sono sufficienti neppure a sostituire coloro che andranno in pensione a fine anno”.
La droga in carcere
Si sospetta che le sostanze stupefacenti sequestrate fossero destinate a realizzare la composizione di un cocktail di droghe, tipo crack.
“Un gesto ancora più pericoloso”, commenta infine Di Campli, “perché in caso di assunzione, i detenuti diventerebbero ingestibili e pericolosi per sé e per gli altri”.